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Giorgio Reciso, 41 anni, cuoco alla Caritas. Pluridenunciato per stalking e violenze verso altre donne, mentre è ai domiciliari massacra di botte la convivente. Condannato a 20 anni con rito abbreviato

Cagliari, 8 Settembre 2017


Titoli & Articoli

l’Unione Sarda – 29 novembre 2017

Giorgio Reciso, Joelle Maria Demontis e Marta Dessì da metà luglio condividevano la stanza di un appartamento in via dei Donoratico. L’uomo aveva avuto una relazione con Demontis (si erano conosciuti alla Caritas, dove lui lavorava e lei si recava spesso), ma più recentemente si era legato a Dessì. Da quando erano andati a vivere tutti insieme però il 40enne aveva mostrato la sua indole manesca. Più volte aveva picchiato la compagna e l’altra coinquilina, tanto che il 3 settembre scorso Dessì per proteggersi il volto aveva subito la lussazione del braccio sinistro e la frattura del dito medio destro.
OMICIDIO – Cinque giorni dopo, la nuova esplosione d’ira aveva avuto conseguenze irrimediabili. Demontis era stata sentita in caserma su alcuni presunti episodi di violenza commessi dall’uomo nell’ente benefico, ma la versione resa ai carabinieri non aveva soddisfatto Reciso, che correva il rischio di veder crollare la sua tesi. Così, ecco le botte. Immediate, pesanti, ripetute. Fino a quando la vittima era stramazzata sul pavimento.
Resosi forse conto delle possibili conseguenze, il 40enne aveva provato a rianimarla. Senza successo. Eppure l’allarme, che magari poteva salvarle la vita, era stato lanciato a distanza di ore. Il corpo ormai senza vita era stato trovato alle 3,30 del mattino.
“È STATO LUI” – È il resoconto puntuale di Dessì su quanto avvenuto due mesi e mezzo fa tra le 18 e le 20 in quell’abitazione. “E stato lui, è colpa sua. È un pazzo criminale”. Dichiarazioni rese al pm Daniele Caria qualche settimana fa e ribadite ieri in Tribunale nell’incidente probatorio davanti al giudice delle indagini preliminari Giovanni Massidda.
La ragazza, 26 anni, accusata di omicidio volontario in concorso col convivente (erano entrambi in casa quel giorno), ha parlato nell’aula della Corte d’assise assistita dall’avvocata Guendalina Garau e protetta da un paravento mentre il 40enne ascoltava, nervoso, nella gabbia per i detenuti a pochi metri da lei, sorvegliato dalle guardie penitenziarie. Provata e spaventata, vittima di pesanti maltrattamenti (“è stata segregata”, ha sottolineato la sua legale, “il termine giusto sarebbe seviziata”), la giovane è tornata a quelle ore e ha spiegato di essere stata “picchiata più volte” nel mese precedente al delitto. Come del resto Demontis: l’8 settembre Reciso «aveva pestato Joelle, poi aveva provato a rianimarla». Inutilmente.
LE BUGIE – Le dichiarazioni sarebbero state ritenute credibili da inquirenti e investigatori, a conferma che il presunto movente passionale è inesistente. Reciso, difeso dall’avvocato Carlo Murtas, aveva detto che le donne avevano litigato perché Demontis aveva scoperto che lui doveva sposarsi con la ragazza. “All’aggressione io non ho partecipato”. Bugie, secondo il pm, che però deve ancora valutare il ruolo svolto dalla 26enne. I due sono in carcere, ma l’avvocata Garau chiederà a breve la scarcerazione della sua cliente.
Lo stesso medico legale, intervenuto sulla scena del crimine, aveva verificato la presenza sulla ragazza di cicatrici e tumefazioni datate. Potrebbero rivelarsi decisivi i tabulati telefonici, dai quali emergeranno frequenza e orari dei contatti tra indagati e vittima, e si attendono i risultati definitivi dell’autopsia che chiariranno se al delitto abbiano preso parte più persone.
LA DOCCIA – Sul cadavere, pulito nella doccia per eliminare il sangue, c’erano numerose ferite, provocate da un pestaggio e dall’uso forse di un coltello e di un doccino (quello originario dell’abitazione era stato cambiato di recente). Anche gli indumenti della donna erano stati messi nella lavatrice e poi stesi. (di Andrea Manunza)

 

Delitto Demontis, Reciso: “Non l’ho uccisa, volevo sposarla” (l’Unione Sarda – 16 aprile 2019)
Perizia psichiatrica per Giorgio Reciso
Una perizia psichiatrica valuterà se Giorgio Reciso al momento del delitto fosse “affetto da una patologia che possa aver influito, e in quale misura, sulle sue capacità di autodeterminarsi“. È quanto disposto dalla Corte d’assise nel processo che vede il 41enne cagliaritano sotto accusa per l’omicidio di Joelle Maria Giovanna Demontis, uccisa a 58 anni il 9 settembre 2017 nell’appartamento di via Dei Donoratico nel quale viveva con l’imputato e la 27enne Marta Dessì: la vittima era stata colpita con un tubo in ferro durante una lite maturata, secondo il pm Daniele Caria, in un clima di violenza e controllo di Reciso sulle due donne. I soccorsi erano intervenuti alle 3,30 del mattino, mentre l’episodio – secondo il medico legale Roberto Demontis – risaliva a prima delle 19. La ragazza è stata già condannata a 10 anni.
IL COMPLOTTO – In precedenza l’imputato aveva spiegato dove aveva conosciuto Demontis e Dessì (alla Caritas in viale Fra Ignazio), ribadito il suo ruolo “importante”, sostenuto che le donne fossero “innamorate” di lui, spiegato dei “complotti” ai suoi danni “per fermarmi”, orditi da parte di chi lavorava lì e da qualcuno delle forze dell’ordine (con nomi e cognomi segnati dalla Corte). Fino alla decisione di andare via e accogliere Dessì in via Dei Donoratico. Entrambe “litigavano anche quando non c’ero, dividerle era difficile. Joelle era convinta che io propendessi per Marta, forse perché più giovane. Assolutamente, non la volevo. Dovevo sposarmi con lei”. Però le nozze con la 27enne erano saltate solo il giorno prima delle pubblicazioni. Quindi il resoconto del delitto.
L’OMICIDIO – Due le aggressioni quel giorno. La prima quando la 58enne torna dal Tribunale. “Marta pensava di essere stata denunciata. Si erano afferrate”. Demontis, “una chiazza sulla spalla”, esce ma torna poco dopo e va sotto la doccia. Lui vede Dessì “correre in bagno per un’urgenza”. Sente “lamentele, insulti e un colpo”. Demontis indica la ragazza: “È stata lei col soffione della doccia”. Mentre controlla i danni, sente altri rumori. Corre in camera e vede Dessì china su Demontis con in mano un tubo in ferro, “la prolunga di un letto a castello”, pronta “a dare un altro colpo” o a “sollevare la mano dopo averlo dato“. Sono “le 18”. Allontana Dessì e aiuta Joelle, “che però non sembrava grave. Volevo chiamare i soccorsi ma lei no, diceva si sarebbe ripresa”. Poi le condizioni diventano “critiche. Respirava, mi guardava. Non poteva essere vero ciò che stava accadendo. Passava il tempo e non mi rendevo conto“. Il 118 viene chiamato con fatale ritardo. Reciso e Dessì si accordano: “Lei non voleva assumersi la responsabilità e mi minacciava. Ma mi amava. Dovevo dire che Joelle l’aveva aggredita e lei si era difesa. Non l’ho fatto”. Gli investigatori però avevano scoperto che la coppia aveva tentato di pulire la casa per eliminare le tracce dell’aggressione. E i due erano finiti in cella.

 

Cagliari, omicidio di via dei Donoratico: Giorgio Reciso condannato a 20 anni di carcere (Casteddu Online – 12 settembre 2019)
Giorgio Reciso è stato condannato, in primo grado, a 20 anni di reclusione. È lui, per i giudici, ad aver ucciso il nove settembre 2017 la sua compagna Joelle Demontis (58 anni) in una mattina di sangue nel rione cagliaritano della Fonsarda. La donna è stata uccisa con una serie lunghissima di botte (calci, pugni e tubi di ferro), e per questo delitto c’è già un’altra condanna di primo grado nei confronti di Marta Dessì, anche lei residente, in quel periodo, nella casa di via dei Donoratico. Oggi, nell’aula del tribunale di Cagliari, Giorgio Reciso ha ascoltato il dispositivo della sentenza letto dal giudice e presidente della Corte d’Assise Tiziana Marogna (a latere Giorgio Altieri): venti anni di reclusione per Reciso, che ha scelto il rito abbreviato. È stato riconosciuto, dopo una perizia psichiatrica, il vizio parziale di mente dell’imputato. Reciso (già detenuto nel carcere di Bancali) è stato anche condannato al pagamento di una provvisionale di centomila euro. Adesso, ci sono sessanta giorni di tempo prima di conoscere le motivazioni della sentenza, e i difensori del 41enne, probabilmente, faranno appello.
Appena uscito dal tribunale di Cagliari, l’avvocato difensore del figlio della Demontis, Simone Vargiu: “Il pm ha fatto un lavoro eccezionale. Certo, avendo chiesto l’ergastolo c’è un po’ di amarezza, ma è legato anche alla richiesta dell’imputato di fare il rito abbreviato. Accetto con rispetto la sentenza, in previsione degli sviluppi che ci saranno in fase d’appello”.


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