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Cristina Messina, 34 anni, ristoratrice, mamma. Uccisa a colpi di pistola dal marito davanti al figlio di 6 anni

Rho (Milano), 29 Luglio 2009

 

 


Titoli & Articoli

Tragedia a Rho: La donna uccisa aveva denunciato il marito (Milano Today – 29 luglio 2009)
Erano sposati e con due figli. Cristina Messina e Piero Amariti sono morti questa mattina a Rho in un terribile omicidio-suicidio. L’uomo avrebbe ucciso la moglie con due colpi di pistola per poi togliersi la vita. La donna uccisa aveva denunciato il marito
“Il 30 giugno il signor Piero Amariti è stato accompagnato al pronto soccorso mi pare dalla polizia. I medici, visto che non era un caso acuto, non hanno rilevato né richiesto la necessità di un trattamento sanitario obbligatorio (Tso). Al momento non mi risulta che l’ uomo sia stato nuovamente accompagnato nella nostra struttura né che sia stato preso in carico dai nostri servizi”, con queste parole il direttore sanitario dell’ospedale di Rho, Davide Cartoni, ha smentito che il responsabile dell’omicidio-suicidio di Rho fosse stato sottoposto al trattamento sanitario obbligatorio.
Era uscita con uno dei due figli e la sorella quando è stata intercettata dal marito che l’ha fatta scendere dall’auto. Cristina Messina è posta stata freddata con due colpi di pistola. L’arma, una calibro 357, era detenuta dall’uomo illegalmente.
Piero Ammariti era sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio (Tso) presso l’ospedale di Rho ma era stato giudicato non affetto da disturbi. La moglie lo aveva denunciato lo scorso 30 giugno perchè con l’uomo, che aveva annunciato il suicidio aveva avuto una violenta lite. A seguito della denuncia, in attesa di decidere un provvedimento restrittivo nei suoi confronti, la Procura aveva deciso di sottoporre l’uomo a Tso e autorizzato la Polizia a perquisire l’auto della coppia. In quell’occasione non venne trovata alcuna arma.
A poche ore dalla tragedia che ha sconvolto Rho emergono già i dettagli del terribile omicidio. Piero Ammariti avrebbe ucciso la moglie sparandole due colpi di pistola dopo averla fatta uscire dalla sua auto, una Citroen 5. I colpi avrebbero ferito a morte la donna, colpendola uno alla testa e l’altro alla gola. Uno dei due proiettili ha poi colpito la portiera dell’auto. A quel punto l’uomo avrebbe rivolto verso di sè l’arma, una 357, e si sarebbe sparato alla testa. I carabinieri stanno svolgendo accertamenti per verificare la provenienza dell’arma e se fosse detenuta legittimamente.
Hanno un nome e cognome i coniugi morti questa mattina a Rho. Cristina Messina e Piero Amariti. Secondo le prime ricostruzioni i due figli, il maschio di 6 anni e la femmina di 4 erano in casa al momento della tragedia. Amariti lavorava in un’agenzia di pratiche auto, mentre la moglie Cristina lavorava in un bar-trattoria di fianco alla concessionaria del padre. Il quale sembra avesse problemi con il genero. La coppia era già separata e nell’abitazione sotto la quale è avvenuto il fatto viveva solo la moglie con i figli. Amariti avrebbe sparato due colpi verso la consorte e poi avrebbe sparato un terzo colpo su se stesso.
un movente passionale la causa scatenante l’omicidio-suicidio avvenuto questa mattina intorno alle 8 a Rho. Il terribile episodio è accaduto in via Vincenzo Bellini vicino al centro della città. L’uomo, 34 anni, che pare avesse da tempo problemi sentimentali con la moglie, tanto da essere la coppia in procinto di separarsi, ha estratto una pistola e l’ha uccisa sotto casa. Un vicino ha dichiarato di aver sentito 3 colpi di pistola. Tutta la zona è ora transennata e le forze dell’ordine, polizia, carabinieri e vigili rubani stanno effettuando i rilievi del caso.
Erano sposati, erano entrambi nati nel 1975. Lasciano due figli, l’uomo e la donna morti questa mattina a Rho. Si pensa ad un caso di omicidio-suicidio. L’arma da fuoco trovata in strada dai Carabinieri è una pistola.

 

Non sopporta separazione: uccide la moglie davanti al bambino e poi si spara (Corriere della Sera – 29 luglio 2009)
I coniugi 34enni erano separati di fatto. Lei aveva denunciato il marito: «Mi ha minacciato con la pistola»
Tragedia familiare a Rho, nel Milanese. Un uomo di 34 anni, Piero Amariti, al culmine di un violento litigio ha ucciso la moglie, Cristina Messina, 34 anni, a colpi di pistola e poi si è suicidato con la stessa arma. Tutto è avvenuto sotto gli occhi della sorella della donna e del maggiore dei figli della coppia, di 6 anni (c’è anche una bambina di 4 anni). Il fatto è avvenuto prima delle 8 di mercoledì mattina in via Vincenzo Bellini angolo via Rossini a Rho, in provincia di Milano. Inutili i soccorsi del 118: entrambi i coniugi erano già morti all’arrivo dei sanitari. Dopo una lite avvenuta un mese fa, con minacce e conseguente denuncia, i due erano ormai separati: nella casa di famiglia viveva soltanto la donna con i bambini, mentre l’uomo era tornato a vivere con i suoi genitori. Una situazione per lui insopportabile, che lo ha portato alla follia.
LA TRAGEDIA – Piero Amariti lavorava in un’agenzia di pratiche auto, mentre la moglie Cristina lavorava in un bar-trattoria di fianco alla concessionaria del padre. Sembra che da tempo vi fossero cattivi rapporti tra genero e suocero. Cristina stava per partire per le vacanze con la sorella e i bambini: questo deve aver scatenato la furia omicida e autolesionista del marito. Piero Amariti è arrivato la mattina presto davanti alla casa della moglie e ha aspettato che lei uscisse con l’auto, una Citroen 5. Nella vettura, insieme con Cristina, c’erano anche la sorella e il bambino di 6 anni. Piero ha minacciato la moglie con la pistola, facendola uscire dalla vettura, e le ha sparato due colpi, che l’hanno raggiunta uno alla testa e l’altro alla gola. Un proiettile ha poi colpito la portiera della macchina. Quindi l’uomo, senza far caso al pianto disperato del figlio, ha rivolto la pistola a tamburo, una 357, contro se stesso e si è sparato alla testa, crollando sul marciapiede accanto al corpo della moglie. La zia ha preso in braccio il bambino che piangeva disperato e l’ha portato di corsa dentro casa; i genitori di Cristina, che abitano poco lontano, sono accorsi e hanno cominciato a chiamare aiuto. Il padre, colto da malore, è stato ricoverato all’ospedale San Raffaele.
LA DENUNCIA – Secondo la testimonianza di una parente, a fine giugno i due coniugi avevano avuto una violenta lite, durante la quale l’uomo aveva minacciato di togliersi la vita e di uccidere anche la moglie. Per questo la donna, lo scorso 30 giugno, aveva presentato una denuncia contro il marito alla Polizia di Rho. Gli agenti avevano accompagnato Piero Amariti è stato accompagnato al Pronto Soccorso, dove i medici, visto che non era un caso acuto, non rilevarono né chiesero la necessità di un trattamento sanitario obbligatorio (Tso), come ha precisato il direttore sanitario dell’ospedale di Rho, Davide Cartoni. La Procura aveva anche autorizzato la polizia a perquisire l’auto della coppia. In quell’occasione non venne trovata alcuna arma: la pistola usata questa mattina dall’uomo per uccidere la moglie e suicidarsi è risultata infatti detenuta illegalmente.
LA CUGINA – «Piero era una brava persona, sapevo che si volevano bene, non mi risulta avessero avuto dei problemi ed erano bravissimi marito e moglie», ha raccontato invece una cugina acquisita del presunto omicida. «Per lui la cosa più importante era la famiglia, non mi risulta che abbia mai avuto atteggiamenti violenti o che abbia mai aggredito o minacciato la moglie. Sono sconvolta per quello che è successo, non riesco a capacitarmene».

 

Cristina e Piero, sembrava una coppia perfetta (il Giornale, 30 luglio 2009)
Un matrimonio che sino a quando ha funzionato, sembrava perfetto. Lui e lei persone gentili, educate, solari che vivevano uno per l’altro in perfetta armonia. Senza problemi economici, circondati dall’affetto della famiglia di lei, che si prendeva cura anche dei loro bambini di tre e sei anni. Cristina Messina e Piero Amariti, entrambi 34 anni, abitavano in un appartamento, messo a disposizione dal padre di lei. E nello stesso immobile vive anche la sorella Cinzia, 35 anni, la stessa che ieri ha assistito alla tragedia.
Negli ultimi tempi, tuttavia, la convivenza con i suoceri, aveva raffreddato i rapporti fra quest’ultimo e il genero. «Forse se avessero vissuto lontano – raccontano alcuni conoscenti – i loro dissapori, ammesso che esistessero davvero, li avrebbero appianati da soli, come tante altre coppie». Un’ipotesi in qualche modo avallata anche dai vicini che avrebbero sentito litigare in maniera piuttosto accesa i due uomini.
Germana Amariti difende a spada tratta invece il cugino Piero: «Era una bravissima persona per lui la cosa più importante era la famiglia, non mi risulta che abbia mai avuto atteggiamenti violenti o che abbia mai aggredito o minacciato la moglie. Sono sconvolta per quello che è successo, non riesco a capacitarmene». «Al di là di tutto sembravano affiatati e innamorati, e ai loro bambini davano tutto e di più. Quanto alle frequenti liti, è tutta un’invenzione» aggiungono sempre alcuni amici che preferiscono restare anonimi.
Cugina e amici che sembrano ignorare la brutta vicenda del 30 giugno, quando pistola alla mano, Amariti avrebbe costretto la moglie e fare l’amore. La donna non reagì per non coinvolgere i figli, addormentati nella stanza accanto, ma poi chiamò il 113. La polizia non arrestò l’uomo perché l’arma non venne trovata e la donna alla fine non calcò la mano sulla vicenda della violenza. «Se l’intervento di magistratura e forze dell’ordine fosse stato più incisivo, mia nipote sarebbe ancora viva» accusa ora lo zio Michel Lefebvre.
Le varie versioni tuttavia convergono sul fatto che la situazione era precipitata quando, in seguito all’episodio del 30 giugno, la donna aveva «cacciato di casa» il marito. «Se n’era dovuto andare ma il suo chiodo fisso rimanevano sempre Cristina e i figli».
Piero aveva continuato a lavorare nell’agenzia di pratiche automobilistiche aperta dal padre Tommaso in via Torino 2, vicino la stazione di Rho. Lei invece andava tutte le mattine nel bar trattoria «Ratatuia» in via Risorgimento, di proprietà di papà Lino, come del resto l’intero stabile che ospita anche l’autofficina «Eleonora», nome dato in ricordo di una terza sorella Messina morta oltre vent’anni fa.
«Venivano entrambi da due ottime famiglie  – ricordano nel quartiere – i loro suoceri sono gran lavoratori che avevano soprattutto abituato i figli a guadagnarsi il pane quotidiano». Profili di protagonisti, vittime e familiari che rendono ancora più inspiegabile la carneficina consumatasi ieri mattina, sotto gli occhi allibiti di un bimbo di sei anni.
«Piero sembrava tranquillo – racconta chi lo ha incontrato nei giorni scorsi – parlava della moglie della quale era ancora invaghito, e che sperava di riconquistare, proprio come un ragazzino innamorato per la prima volta. Nei suoi discorsi non c’era nulla che potesse far pensare a quanto sarebbe accaduto dopo qualche giorno».


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