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Ilaria Cattorini, 28 anni, barista . Soffocata e colpita con un martello in testa dal marito

Busto Arsizio (Varese), 10 Agosto 2007

 


Titoli & Articoli

Corriere della Sera – 11 agosto 2007

 

Voleva lasciare il marito Ammazzata a martellate (il Giornale – 11 agosto 2007)
Aberrahim Chelhaoui, marocchino di 34 anni, ha ucciso a colpi di martello la moglie italiana, Ilaria Cattorini, 29 anni, e poi si è tolto la vita impiccandosi con una corda nel soggiorno di casa. La coppia era sposata da tre anni. L’ipotesi della fine imminente del matrimonio potrebbe aver provocato il delitto. È accaduto ieri pomeriggio a Busto Arsizio (Varese). I due corpi senza vita sono stati trovati in un appartamento al secondo piano di una palazzina non distante dalla stazione ferroviaria. Sono stati i genitori della ragazza, che non erano riusciti a contattarla telefonicamente nelle ultime 24 ore, a dare l’allarme. Hanno suonato alla porta di casa, ma nessuno ha risposto. Le vetture della coppia erano regolarmente posteggiate. Polizia e vigili del fuoco sono entrati e hanno scoperto quello che era accaduto.
Nessuno dei vicini ha udito rumori strani tra ieri sera e oggi, quando sarebbe stato consumato l’omicidio-suicidio. La moglie è stata trovata riversa sul divano con la testa fracassata, un cuscino in faccia; il corpo del marito era appeso pochi metri più in là.


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In memoria di

Un pozzo per Ilaria, uccisa dal marito senza un perchè (Varese News – 10 dicembre 2009)

Era una ragazza di 28 anni, iscritta alla Cgil, lavorava all’autogrill e sognava di dare da bere ai bambini africani. Oggi una sorgente in Guinea Bissau porta il suo nome, il sindacato la ricorda

la cgil ricorda ilaria cattoriniGli occhi celesti che sorridono, un po’ timidi. E’ estate, dopo un pranzo, Ilaria ha una camicetta rossa e fuma una sigaretta, sta per bere qualcosa, ha uno sguardo tenero verso chi gli sta scattando la foto. Gli si vuole bene, a Ilaria. Anche se non l’hai mai conosciuta prima. Basta incrociare il suo sguardo, questi occhi, che commuovono ancora i suoi amici, i parenti. Un volto che, in qualche modo, vive e da ieri ancor di più, dopo che il sindacato, a cui era iscritta, gli ha regalato la realizzazione di un piccolo sogno che aveva espresso alla mamma.
Ilaria aveva 28 anni, lavorava in autogrill, a Lainate, al Villoresi, quello dove si passa, si prende un caffè, si va alla toelette e si tira diritto. Qualcuno forse l’avrà incontrata mille volte, magari senza conoscerla, e avrà incrociato i suoi occhi. Viveva a Busto Arsizio, da tre anni, con un marito marocchino, Abhrezzaim. Si volevano bene, ma poi qualcosa si ruppe. Il 10 agosto, era il 2007, la polizia li trovò morti, in casa.  Lei aveva un cuscino sul viso, era sdraiata sul divano del soggiorno, lui si era impiccato. Prima di farla finita, aveva tentato di soffocarla, poi l’aveva colpita con un martello in testa: morta sul colpo. «Lui non accettava la separazione» dicono. La Cgil si strinse vicino alla madre, «una compagna», come dicono ancora in via Nino Bixio. Qualcuno, a commento, affermò che tra italiani e marocchini non ci si deve sposare. Flavio Nossa, il sindacalista che qualche anno prima che prese le parti della famiglia di Ion Cazacu, protestò, disse di non cercare spiegazioni etniche o razziste. Su internet, qualche blog dà ancora la colpa ad Allah.
Un pozzo in Guinea Bissau alla memoria di Ilaria CattoriniAl nome di Ilaria Cattorini, da ieri, è legato quello dell’associazione Fabio Sormanni, la sezione di Varese, per la precisione. E’ una onlus, fondata nell’ambiente della  Filcams, i lavoratori del commercio, supermercati e affini; fanno progetti all’estero, e anche un pozzo, una sorgente d’acqua, che da qualche tempo disseta i bambini, a Cubonge, un villaggio nella Guinea Bissau, realizzato con l’associazione “A.B.C. Solidarietà e Pace”. Anche quel pozzo, ora, è dedicato a Ilaria. Sulla pietra, c’è scritto: «La tua bontà oggi, realizza il tuo sogno di sempre». La targa è bianca, la scritta è nera: « Parlando con alcuni compagni – spiega Lucia Anile sindacalista varesina della segreteria nazionale della Filcams –  venni a sapere che tra i tanti sogni che Ilaria voleva realizzare, ne aveva uno a cui teneva in modo particolare, quello di poter donare un pozzo d’acqua a dei bambini africani». Fu la mamma, Giovanna, a insistere. Sua figlia aveva preso a cuore i problemi dell’Africa, le piaceva l’idea che un pozzo desse da bere a chi non ce l’aveva. Lavorava all’autogrill, ma guardava più lontano.